Il complesso idraulico delle Tombe Morte e i 13 ponti

Lo snodo idraulico delle Tombe Morte-Tredici Ponti costituisce il più importante concentramento di corsi d'acqua artificiali della provincia di Cremona, irrigando circa 85.000 ettari di campagna. Qui si riuniscono i navigli civico di Cremona e Grande Pallavicino, tratti dall’Oglio, le rogge originate dai fontanili posti lungo la linea di confine tra le attuali province di Cremona e Bergamo e il canale Vacchelli, che porta le acque dell’Adda.

Parte dello snodo idraulico nella mappa catastale del 1868-1884
Parte dello snodo idraulico nella mappa catastale del 1868-1884.

L’appellativo di Tombe Morte deriva, con ogni probabilità, dalla presenza in tale sito di uno o più manufatti (tombe, tombini) caduti in disuso. Durante il XII secolo una cospicua quantità di acqua proveniente da fontane aperte nei territori di Isso, Barbata, Covo e Romano (allora appartenenti al territorio cremonese) venne convogliata nel naviglio Vecchio in direzione di Cremona. Il canale, a cui si aggiunse in seguito acqua estratta dall’Oglio a Calcio, venne nel XIV secolo adattato alla navigazione, divenendo l’attuale naviglio Civico di Cremona.

Esso si divide al Forcello di Fontanella in due rami, Melotta e Casaletto, che si riuniscono al Forcello di Salvirola; da qui raggiunge Cremona. Il naviglio Grande Pallavicino è il canale principale della rete irrigua del Condominio Pallavicino, costituita da un insieme di corsi d’acqua aventi origini diverse e riuniti in un’unica proprietà da Galeazzo I Pallavicino nel XVI secolo. Alimentato dall’Oglio tra Calcio e Pumenengo, esso ricevette in seguito l’apporto di vari fontanili aperti lungo la striscia oggi individuata come Basso Bergamasco (fascia di passaggio dall’alta alla bassa pianura lombarda).

Lo scavalco del canale Vacchelli in una foto del 1957 circa

Lo scavalco del canale Vacchelli in una foto del 1957 circa.

Il canale Vacchelli venne progettato negli anni immediatamente successivi la proclamazione dell’Unità d’Italia ed ultimato, con il decisivo contributo di Pietro Vacchelli, nel 1893. Esso origina in località Marzano con presa d’acqua dall’Adda e termina alle Tombe Morte dopo 34 chilometri di percorso. La sua costruzione fu accompagnata da proteste e opposizioni da parte di parecchi comuni del Lodigiano e della Gera d’Adda, che temevano l’impoverimento delle acque dell’Adda, di molti proprietari del Cremasco, che paventavano il dissesto delle loro campagne divise dal nuovo manufatto, e infine dei cremonesi della “bassa”, zona per sua natura afflitta da problemi di bonifica idraulica dei quali si temeva l’aggravamento per l’apporto di nuove acque irrigue.

Alle Tombe Morte il canale dispensa le sue acque ai navigli Civico e Grande Pallavicino, nonché ad un fascio di rogge a questi affiancate, trasformando così l’Adda nella fonte di approvvigionamento idrico più generosa per la terra cremonese. Un canale scolmatore, noto con il nome di Scolmatore di Genivolta, riversa nell’Oglio in caso di piene le maggiori portate.

Le numerose rogge secondarie (Frata, Gallarana, Castelvisconta, Tinta, ecc.), che scorrono parallele fin oltre la località Tredici Ponti e i cui nomi richiamano quelli dei casati aristocratici e delle famiglie religiose che le avevano aperte fin dai secoli medievali per l’irrigazione di vaste proprietà, subirono nel tempo svariate e molteplici modificazioni.

Una cascatella

Una cascatella.

Citazioni

Le seguenti parole di Carlo Cattaneo, profondo conoscitore dell’idrografia lombarda, ci offrono un vivace e movimentato quadro della situazione negli anni Quaranta dell’Ottocento:

«Le acque sotterranee, tratte per arte alla luce del sole, poi raccolte di nuovo e diffuse sopra campi più bassi, scorrono a diversi livelli con calcolate velocità, si incontrano, si sorpassano a pontecanale, si sottopassano a sifone si intrecciano in mille modi. Nello spazio di soli duecento passi, presso Genivolta, la strada da Bergamo a Cremona incontra tredici acquedutti e li accavalca coi Tredici Ponti».

Il sito è ricordato anche dal grande ingegnere idraulico Elia Lombardini che così lo descrive:

«Le diramazioni del Naviglio Civico e del Pallavicino sono assai numerose, e basti dire che sulla strada da Cremona a Bergamo, tra Casal-Morano e Genivolta, un breve tratto di 160 metri, ossia duecento passi o poco più, si chiama i Tredici Ponti perché attraversato da tredici aquedutti, tra i quali i due stessi Navigli».

Infine, pochi decenni più tardi, l’economista Stefano Jacini sintetizza in questo modo il risultato del lavoro di generazioni di contadini, agrimensori e ingegneri lombardi:

«Ogni palmo di terreno è stato predisposto in pendii artificiali acciocché potesse ricevere le acque irrigatrici a periodi determinati e trasmetterle ulteriormente al fondo vicino; e ciò nel modo più economico e in armonia colla vasta rete e col complicato sistema dei condotti idraulici derivatori, dispensatori, scaricatori, raccoglitori e restitutori, i quali, coll’aiuto di chiuse, di chiaviche, d’incastri, di tombini, di ponti canali, di sifoni sono destinati a distribuire le acque sulla maggior superficie possibile».

Uno dei numerosi canali
Uno dei numerosi canali.

Le strutture

Il quadro offerto da Jacini illustra in maniera efficace sia la secolare opera di livellatura dei terreni, consistente nell’immane attività di spianatura dei dossi, di colmatura degli avvallamenti e di sistemazione a giacitura orizzontale o a pendenza regolare dei singoli campi, sia la complessità della duplice rete di condotti - di adduzione e di smaltimento - che, ancora oggi, costituisce il fondamento dell’irrigazione negli impianti collettivi del Cremonese. I primi convogliano e utilizzano l’acqua e in ordine di importanza decrescente sono: il derivatore o adduttore che origina da un corso d’acqua perlopiù naturale, i ripartitori, ai quali fanno capo i dispensatori, generalmente rogge, su cui si aprono le bocchette di utenza attraverso le quali l’acqua, previa accurata misurazione al fine di calcolare l’importo dovuto, viene consegnata all’azienda irrigua. I secondi, elencati in ordine di importanza crescente, sono invece: le colatrici o scoline che raccolgono direttamente le acque di supero del terreno e le immettono nei colatori, i quali avviano le acque di rifiuto fuori dall’azienda, versandole in canali di interesse collettivo, che si distinguono in collettori (primari, secondari e terziari) ed emissario che si riversa infine in un corso d’acqua naturale.

Scorcio autunnale
Parte dello snodo idraulico nella mappa catastale del 1868-1884.

Al fine di consentire il funzionamento dell’intricata rete dei canali e di evitare nello stesso tempo che essa crei intralcio al libero flusso delle acque, nonché all’esercizio dell’agricoltura, dell’industria e del commercio locale, i vari percorsi dell’impianto di irrigazione sono resi indipendenti, o comunque disciplinati, da appositi manufatti che possono essere suddivisi in:

  • opere di derivazione, che regolano, consentono o impediscono il passaggio delle acque. Possono essere costruite trasversalmente nell’alveo di un fiume (traverse o chiuse), allo scopo di mantenere sufficientemente alto il suo pelo liquido e alimentare quindi un canale principale o una roggia (derivatore), oppure nella sponda di un condotto, quando occorre disciplinare il flusso dell’acqua da tale conduttura ad altro: in questo caso si ha un edificio (chiavica), in legno o in muratura, che consiste in una o più aperture munite di paratoie che scorrono in apposite guide; 
  • attraversamenti, che si distinguono in sottopassaggi e soprapassaggi e possono riguardare strade ordinarie o ferroviarie, corsi d’acqua naturali o artificiali. Quando il canale deve superare un altro corso d’acqua, si impiegano i tombini a sifone, all’interno dei quali l’acqua scorre in pressione, nel caso di sottopassaggi oppure i ponti-canali nel caso di soprapassaggi; 
  • partitori e incastri, finalizzati a suddividere la portata di un canale tra due o più canali minori; i primi si impiegano nel passaggio dai dispensatori multipli a quelli con semplice portata di dispensa, mentre i secondi si costruiscono quando, nello spostamento dalla rete di distribuzione collettiva a quella di irrigazione aziendale, si rende necessario ricorrere, negli stessi dispensatori, a due o più ramificazioni affinché l’acqua possa raggiungere tutte le utenze interessate.

Oggi la situazione è immutata dal punto di vista della complessità dell’edificio idraulico, anche se vi sono state parecchie trasformazioni nell’assetto degli acquedotti originari. Nel corso del XX secolo il nodo idraulico delle Tombe Morte-Tredici Ponti è stato infatti oggetto di ripetute modifiche rispetto alla disposizione degli invasi. In particolare sono stati realizzati nuovi corsi d’acqua (Nuova Canobbia, Alta e Nuova Aldovina, canale di Soresina), mentre l’alimentazione dei canali Cavallera, Talamazza, Tinta, Castelvisconta, Gallarana, Mancina e Cavallina è stata portata più a valle. Tali lavori hanno accelerato il processo di artificializzazione dell’ambiente, spogliando quest’ultimo di gran parte del corredo arboreo e arbustivo, senza riuscire però ad impedire del tutto la persistenza di qualche isola incolta di elevato interesse naturalistico, dove sopravvivono ancora specie normalmente rarefattesi nel resto del territorio, quali il frassino orniello, il pioppo gatterino, i viburni, l’erba cornetta e il corniolo, che offrono rifugio a una fauna minore straordinariamente concentrata.

Bibliografia

Giovanni d'Auria, Elisa M. Mosconi, Agnese Visconti, Il nodo idraulico delle Tombe Morte, Fantigrafica, Cremona, 2004.

 Ultimo aggiornamento: 13/05/2019
Una delle opere idrauliche
Una delle opere idrauliche.
Un canale
Un canale.
L'avvio della ciclabile dei navigli cremonesi
L'avvio della ciclabile dei navigli cremonesi.


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